Magistratura

Colpi di spugna su colpe e negligenze: così i giudici restano impuniti

La parola magica della Disciplinare per perdonare le toghe è "scarsa rilevanza"

Tutte le sfumature dell'impunità dei giudici. I colpi di spugna su colpe e negligenze

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Tutte le sfumature dell'impunità dei giudici. I colpi di spugna su colpe e negligenze

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Un giudice fa scarcerare una persona con un ritardo di sei giorni ma non riceve alcuna sanzione disciplinare. Motivo? Ha subito una grave debilitazione fisica e viveva una situazione familiare critica, fonte di preoccupazione e di impegno. Un altro guida mentre è ubriaco? Non è degno di nota, cosa volete che sia. Un altro ancora dimentica un minore in cella oltre la scadenza dei termini di custodia e sapete cosa succede? Nulla. Anzi, per la sezione disciplinare del Csm si tratta di un fatto scarsamente rilevante. Sì, avete letto bene. Nessun illecito.

Ci sono categorie professionali con contorni di sanzionabilità ben definiti e poi ci sono i magistrati, il cui lavoro si svolge all'insegna delle cento sfumature di impunibilità. Il paradosso si ingrossa leggendo le motivazioni dell'ordinanza 33/2022, RG n. 110/2020, che ha graziato la toga - impossibile conoscerne il nome in quanto vietato - per «l'unicità dell'episodio nella carriera del magistrato e la mancata risonanza dello stesso nell'ambiente giudiziario, circostanze idonee a determinare una mancata compromissione dell'immagine del magistrato». In pratica, siccome è successo solo una volta e nei tribunali nessuno parlava male di lui, il giudice resta impunito, al contrario del povero minorenne che invece ha trascorso più tempo in galera rispetto al dovuto. Funziona così però: per il Csm, qualunque illecito disciplinare giudicato di scarsa rilevanza non comporta punizioni. Maglie larghissime dunque e discrezionalità molto elevata. Come evidenziano gli avvocati Riccardo Radi e Vincenzo Giglio nel blog Terzultimafermata, «ci sono un'omissione, una negligenza e un effetto negativo ma la Sezione disciplinare li avvolge tutti nella cornice della scarsa rilevanza». Senza considerare per nulla l'unica vera vittima di quella storia: il ragazzino. Insomma, i magistrati sono blindati da un corollario di parole che si possono ridurre a quattro: ignoranza, negligenza grave e inescusabile. Se non si verificano e dimostrano queste condizioni, la violazione di legge, il travisamento dei fatti, l'adozione di provvedimenti non consentiti dalla legge o attuati in ritardo non sono punibili. Punto. Ogni anno viene pubblicato dal Csm il massimario delle decisioni disciplinari emesse e quello che emerge è un quadro parossistico. Ecco i casi più eclatanti: un magistrato viene «graziato» se esercita l'azione penale per reati non ancora introdotti nell'ordinamento; se interroga un collega su un procedimento riguardante la moglie; se omette di trattare casi a lui assegnati; se ottiene l'assunzione del figlio in un negozio di un professionista al quale ha proposto l'assunzione di un incarico di amministrazione giudiziaria; se chiede a professionisti di condizionare l'attività di istituti di credito per beneficiare di dilazioni di prestiti.

Le motivazioni addotte per farla franca sono le più disparate: si va dalla debilitazione fisica al fatto che il lavoro era complesso e di difficile ricostruzione, dall'inesperienza professionale all'assenza di clamore mediatico; dalla mera disattenzione alla necessità di elaborare un lutto; dalla scarsa lesività del fatto all'assenza di disfunzioni per l'attività giudiziaria o di reclami da parte del soggetto danneggiato. Tutte ragioni che hanno fatto sì che la sezione disciplinare del Csm chiudesse il faldone della toga. Ad aggiungere benzina (anche se sarebbe più corretto dire acqua) sul fuoco per spegnere l'incendio della sanzione sono valse anche giustificazioni come «criticità presenti nell'ufficio giudiziario di appartenenza; mole di lavoro concretamente riversatasi sul magistrato e lo sforzo profuso per l'abbattimento dell'arretrato». Con buona pace delle altre categorie di comuni mortali in cui si palesa un doppiopesismo inoppugnabile. Basti pensare che nel novembre scorso un avvocato è stato sospeso dalla professione per un anno perché non si era presentato a un'udienza e non aveva nominato un sostituto.

Non certo per aver lasciato in galera qualcuno.

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