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Sentenza choc dei giudici: si può insultare Berlusconi

Dargli del terrorista, delinquente e malavitoso non è reato. Ma lui è a processo per uno "scemo" a Toninelli

Sentenza choc dei giudici: si può insultare Berlusconi

Il catalogo dei complimenti è strepitoso: «Delinquente», «terrorista», «pregiudicato», «malavitoso».

Il ritratto di Silvio Berlusconi disegnato da Massimo Fini sul Fatto Quotidiano è una collana con perle che brillano per la loro eleganza e sobrietà. Il Cavaliere - così lo apostrofa Fini - «ha gettato una minorenne nelle braccia di una puttana». O ancora, in un altro brano sempre in punta di clava: «Pensa che tutti siano come lui, disposti a corrompere, a farsi corrompere, interessati solo al denaro». Con tanto di citazione latineggiante che capovolge San Paolo: «Omnia sozza sozzis».

Si va avanti così per pagine e pagine, ma per il giudice Damiana Colla è tutto nella norma. I limiti non sono stati superati e dunque la richiesta di risarcimento avanzata dall'ex presidente del Consiglio dev'essere respinta. Anzi, come titolava ieri proprio il Fatto: «B. delinquente e pericoloso: ecco perché si può dire». Proprio come Fini nel 2018.

Il vocabolario delle contumelie viene sdoganato dalla sentenza e lanciato in faccia a un protagonista della storia contemporanea italiana senza provocare nemmeno un graffio all'immagine del Cavaliere. O meglio, non c'è diffamazione perché i fatti hanno appigli nella realtà, perché vanno inseriti in un contesto, perché la critica ha standard più sfumati rispetto alla cronaca.

Certo, leggendo le «requisitorie» contro Berlusconi, peraltro un vero e proprio genere letterario, ci si chiede, pur con il massimo rispetto per la libertà di stampa, dove siano questi paletti e questi confini.

Ma il tribunale civile di Roma trova una spiegazione o una giustificazione per tutto.

Bollare il Cav come «delinquente», per capirci, ha un suo fondamento: con tale parola «si intende colui che delinque» e il magistrato ricorda la «sentenza di condanna definitiva per evasione fiscale» dell'ex premier, legittimando quindi l'espressione.

E il Berlusconi «terrorista»? Qui si passa dal «nucleo di verità» al «contesto dell'articolo» e il contesto può fare miracoli. Siamo infatti in un clima preelettorale e nel corso di una manifestazione il Cavaliere aveva definito «criminale» la sentenza di condanna che gli impediva di fare il premier: «L'affermazione di Berlusconi era evidentemente espressione di sfiducia verso la magistratura che l'aveva pronunciata». Ecco quindi, nel pezzo, il Berlusconi «terrorista». Un'esagerazione? «Di qui - spiega il giudice - il paragone con i brigatisti che all'epoca si sono dati alla clandestinità, considerato che le affermazioni dell'attore (Berlusconi, ndr) erano assimilabili, nei presupposti e nelle finalità, ma evidentemente non nel merito, ad un pensiero eversivo dell'ordine democratico...».

Berlusconi non risulta abbia mai imbracciato il mitra, ma per quel che serve il parallelo regge: «In tale prospettiva l'aver paragonato l'attore ad un terrorista - il quale invece di darsi alla clandestinità intendeva fare il Presidente del consiglio di uno Stato a cui non crede - appare legittimo esercizio del diritto di critica giornalistica».

Si può restare sconcertati, ma per Damiana Colla non c'è termine utilizzato negli articoli che non trovi una sua compatibilità con le regole della democrazia.

E la sempre evocata continenza, quel non andare troppo in là, scagliando frasi come pietre? Proprio Berlusconi è a processo per aver dato, nientemeno, dello «scemo» all'ex ministro Danilo Toninelli. Ma anche la continenza deve avere frontiere a fisarmonica. «Quest'uomo nefasto - va giù leggero leggero Fini - questo delinquente naturale, questo corruttore di magistrati, di finanzieri, questo colossale evasore fiscale, questo specialista nella compravendita di parlamentari a suon di milioni di euro, questo truffatore ai danni di una ragazza orfana e minorenne... è ancora sempre lì. Solo Robert Mugabe o Amin Dada possono stargli alla pari, ma quelli erano dittatori». Va bene intingere nell'inchiostro dell'indignazione, ma non è un po' troppo? «Le espressioni riportate - risponde il giudice - pur graffianti, e i toni utilizzati, pur aspri, appaiono frutto di una ragionata valutazione critica dell'attore, uomo politico coinvolto in numerosi procedimenti penali».

Dunque, Berlusconi pagherà pure le spese «di lite», pari a 10.

343 euro.

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