Guerra in Ucraina

A Izyum anche due bimbi nella fossa comune. Mosca nega, come Bucha

Già esumati 146 corpi, con segni di torture. Peskov in difesa: "È tutta una montatura"

A Izyum anche due bimbi nella fossa comune. Mosca nega, come Bucha

Izyum come Bucha. Per Kiev e per l'Occidente atrocità che finiranno sui libri di storia a inorridire generazioni di studenti. Per Mosca semplicemente un'invenzione della propaganda filoucraina.

Certo, la posizione russa appare difficilmente difendibile di fronte alle notizie che arrivano dalla cittadina dell'Est dell'Ucraina (si trova nell'oblast di Kharkiv) recentemente liberata. Qualche giorno fa la scoperta di una fossa comune, con centinaia di corpi, poi il via all'inumazione, il cui bilancio ieri pomeriggio era di «146 corpi, la stragrande maggioranza dei quali sono civili, inclusi due bambini», come riferisce il governatore di Kharkiv Oleg Sinegubov, che parla anche di segni di torture e violenze, che verranno comunque accertate in centri specializzati dove saranno sottoposti a visita medica forense. Dati di fatto che evaporano quando si arriva a Mosca. Peskov non ha dubbi: «Si tratta dello stesso scenario di Bucha, è una menzogna, e naturalmente noi difenderemo la verità».

A Bucha, qualche decina di chilometri a nord-ovest di Kiev, occupata dall'esercito russo nelle primissime fasi dell'occupazione e poi abbandonata nella ritirata degli aggressori ai primi di aprile, furono trovate fosse comuni che spinsero la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a chiedere un'indagine indipendente per accertare eventuali crimini di guerra da parte dei russi nelle settimane di occupazione della città. Allora Mosca, per bocca del ministero della Difesa, parlò di video manipolati dagli ucraini a uso e consumo dei media occidentali e di «un'altra provocazione da parte del regime di Kiev». La storia si ripete, ma stavolta, contrariamente a quanto sosteneva Karl Marx, è sempre una tragedia e mai una farsa.

C'è la negazione, il complottismo, il mischiare le carte. E poi ci sono le minacce belle e buone: l'orso russo, si sa, ama ruggire e mostrare denti e unghie. L'intimidazione più grande è quella nucleare, spesso evocata da Vladimir Putin, ma che potrebbe diventare realtà - se non altro come gesto dimostrativo - se la Casa Bianca dovesse cedere alle pressanti richieste di Zelensky di ottenere un sistema missilistico con un raggio di 305,7 chilometri, e in grado quindi di raggiungere il territorio russo. Cosa che Joe Biden non sembra intenzionato al momento a fare per «evitare la terza guerra mondiale», come va ripetendo il presidente americano ai suoi collaboratori. E poi c'è la Crimea, territorio geograficamente ucraino occupato dai russi nel 2014 e di fatto annesso alla Federazione, che, ha detto ieri ancora Peskov «è parte indivisibile della Russia e ogni pretesa sui territori russi riceverà un'adeguata risposta». Stessa cosa per le autoproclamate repubbliche di Luhansk e Donetsk, «stati la cui indipendenza è riconosciuta dalla Russia. Hanno chiesto assistenza alla Russia per assicurare la loro sicurezza e la Russia sta facendo proprio questo». La comunità internazionale non riconosce nessuna delle due situazioni. Ma la Russia potrebbe essere meno isolata di quanto si pensi nello scacchiere internazionale. Un test probante a partire da oggi: a New York si apre la prima Assemblea Generale dell'Onu interamente in presenza persona dall'inizio della pandemia.

Da Mosca arriverà il ministero degli Esteri Serghei Lavrov, mentre Zelensky dovrebbe intervenire in collegamento video.

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