Politica internazionale

L'Occidente torna in Ucraina. "Nostro sogno incrollabile"

Un G7 di guerra. Anzi, di fatto un G8, perché oltre ai sette Paesi democratici più sviluppati c'è anche l'Ucraina, rappresentata dal presidente Volodymyr Zelensky

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Un G7 di guerra. Anzi, di fatto un G8, perché oltre ai sette Paesi democratici più sviluppati c'è anche l'Ucraina, rappresentata dal presidente Volodymyr Zelensky. E un G7 molto italiano, perché è nostra la presidenza temporanea del forum ed è nostra la scelta, voluta fortemente da Giorgia Meloni, di svolgere la riunione a Kiev, la capitale del Paese che proprio due anni fa veniva aggredito dalla Russia. All'evento, presieduto dalla premier italiana dalla cattedrale di Santa Sofia, partecipano «in presenza» oltre alla Meloni anche il premier canadese Justin Trudeau e la commissaria Ue Ursula von der Leyen, mentre in collegamento ci sono i leader di quattro Paesi (Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone). Manca il presidente francese Emmanuel Macron a causa di una «difficile giornata», al quale Meloni rivolge un saluto forse un filo polemico. Al suo posto il ministro degli Esteri di Parigi, Stéphane Séjourné.

Una riunione che serve a stringere i bulloni dell'alleanza (quasi) globale a favore dell'Ucraina costretta da 730 giorni a una guerra che ne ha distrutto la vita, le città e l'economia. Un sostegno che si è andato negli ultimi tempi affievolendo a causa della stanchezza dell'opinione pubblica occidentale, dei deludenti esiti della controffensiva che avrebbe dovuto rovesciare le sorti del conflitto,

della guerra israelo-palestinese che ha derubricato la resistenza di Kiev. E all'orizzonte ci sono nuove incognite, come il possibile Trump-bis che potrebbe porre fine al sostegno americano alla causa ucraina. Prospettiva che Joe Biden finge di ignorare parlando di sostengo intoccabile, ma che è la convitata di pietra del vertice.

Insomma, era il momento di «rinnovare le promesse», come accade in certi anniversari di matrimonio, e il 24 febbraio era la data giusta. A dettare la linea, oltre alla Meloni, c'è la commissaria Ue Ursula von der Leyen: «Continueremo ad assistere militarmente l'Ucraina con ulteriori 20 miliardi di euro e con il fondo che porterà altri 5 miliardi di euro per armamenti». Anche perché la difesa dell'Ucraina «è importante per la sicurezza di tutta Europa». E Zelensky fa la lista della spesa: «I leader sanno molto bene di cosa abbiamo bisogno per proteggere i nostri cieli, rafforzare le nostre truppe a terra e continuare ad avere successo in mare. Contiamo su di loro»

Alla fine il G7 di Kiev partorisce una dichiarazione congiunta in cui prevedibilmente i sette leader ribadiscono l'impegno a garantire che «l'Ucraina prevalga nel conflitto contro la Russia. Ci impegniamo a sostenere una pace globale, giusta e duratura, coerente con i principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale

e rispettosa della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina». I leader chiedono a Vladimir Putin «di cessare immediatamente e completamente la sua guerra di aggressione e ritirare incondizionatamente le sue forze militari dal territorio riconosciuto internazionalmente come appartenente dell'Ucraina» e confermano l'intenzione di «esercitare una pressione sempre più significativa sulle entrate russe provenienti dall'energia e da altre materie prime», aumentando così i costi della guerra per Mosca. Anche perché dall'altra parte della partita doppia ci sono i danni che i russi hanno provocato in Ucreaina e pari secondo la Banca mondiale a 486 miliardi di dollari. «Gli obblighi della Russia, ai sensi del diritto internazionale, di pagare per i danni che sta causando sono chiari».

Sullo sfondo anche la morte del dissidente Alexei Navalny, al cui coraggio i leader rendono omaggio.

Poi l'accusa a Mosca: «Chiarisca completamente le circostanze della sua morte» e «liberi tutti i prigionieri ingiustamente detenuti, fermando le persecuzioni dell'opposizione politica».

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