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Due o tre cose che non tornano sull'aborto

Dopo l'interruzione violenta, da parte di gruppi di scalmanati, del ministro Eugenia Roccella, che intendeva invocare una politica e una cultura che favorissero il mettere al mondo dei figli, il discorso pubblico è virato sulla questione dell'aborto

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Due o tre cose che non tornano sull'aborto

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Dopo l'interruzione violenta, da parte di gruppi di scalmanati, del ministro Eugenia Roccella, che intendeva invocare una politica e una cultura che favorissero il mettere al mondo dei figli, il discorso pubblico è virato sulla questione dell'aborto, e se sia un diritto o meno. Ho resistito alla tentazione di aggiungere la mia trascurabile voce alla discussione, finché con la pretesa di tirare giù la saracinesca quasi fosse la padrona della bottega, è intervenuta sul Corriere della Sera Lilli Gruber. Il titolo è un anatema da papessa: «Inutile riaprire il dibattito. L'aborto, per la legge, è un diritto e non un delitto».

Ah sì? Chiuso il dibattito? Mi viene in mente a questo proposito il rimpianto Giovanni Testori che sul medesimo Corriere si espresse dicendo: «Meno dibattiti, più battiti». Non un gioco di parole, ma un invito. Discorrendo di aborto se non ascolti il battito del cuore di quello o quella lì che sta nelle acque materne, che cosa ascolti? Il suono fesso delle campane ideologiche? Possibile che si sia così oscurantisti da voler evitare di ascoltare cosa c'è in ballo?

Prima di ascoltare quel muscoletto e farlo eventualmente tacere, vorrei esaminare in senso cronologico ed esistenziale alcuni fatti antecedenti. C'è un atto previo sul quale richiamo l'attenzione di Gruber. Prima dell'aborto c'è tendenzialmente se ricordo bene - il rapporto sessuale. Uno degli effetti più comuni di detto gesto copulatorio, che riguarda un maschio e una femmina, è il restare incinta di quest'ultima. Qualche tempo innanzi, perciò, a che si esplichi il presunto diritto all'aborto, con la connessa e sempre citata lacrimosa tragedia per la committente, sarebbe il caso (...)

(...) di non mettersi in condizione di reclamare il «diritto di scegliere», un dilemma che in caso di mancato atto sessuale non si porrebbe. Non è obbligatorio fare sesso. E se vuoi che la questione si risolva con un fazzolettino per asciugarsi e successiva sigaretta, e poi a nanna, o più spesso a casa, senza bisogno di evocare un'interruzione volontaria della gravidanza, ci sono miriadi di rimedi, oltre a quello dell'astinenza. Pare del resto che l'industria farmaceutica dei contraccettivi sia la più florida al mondo dopo quella delle armi (l'ha detto Papa Francesco pochi giorni fa). E raccomando a questo proposito la prevenzione dell'ultima ora, assicurata del vecchio e glorioso preservativo.

Può capitare che per la prepotenza della passione o, caso sciagurato, per la violenza di un delinquente, non ci sia stato modo di prevenire il concepimento. In farmacia, per due euro, vendono la pillola del giorno dopo che devia il naturale corso delle cose verso il nulla di fatto con soddisfazione dei copulanti. Nel caso sia Tizio a rendersi conto della possibilità poco gradita dell'ingravidamento di Tizia uso parole poco romantiche? può acquistare lui la pastiglia.

Come si vede ci sono modi innocui, e magari vietati dalla morale cristiana, di evitare il lieto evento senza ricorrere a una piccola macellazione di una minuscola creatura, peraltro già dotata di piedini. Quando dicono che avrebbero il diritto di parlare di ciò solo le donne, mi permetto di obiettare che quel piedino era il mio, non una protuberanza di un corpo femminile.

L'alto numero di medici obiettori dovrebbe far pensare non al comodo o alla vigliaccheria di costoro, ma alla ripulsa della coscienza davanti a quel che essi sanno bene come qualificare: un omicidio, sia pure piccolino.

Sono giunto al punto. La legge 194 non è affatto il riconoscimento del diritto di abortire, ma è la depenalizzazione di un ammazzamento. Non è un discorso da cattolico o da credente in un qualsivoglia aldilà. Mi interessa l'aldiquà, anche di quella creatura.

Non è un discorso da baciapile o da fondamentalisti. Parole definitive sul punto furono espresse dal massimo filosofo morale del pensiero laico e di sinistra, Norberto Bobbio, in una intervista a Giulio Nascimbeni: «Ci sono tre diritti. Il primo, quello del concepito, è fondamentale. Gli altri, quello della donna e quello della società, sono derivati. Inoltre, e questo per me è il punto centrale, il diritto della donna e quello della società, che vengono di solito addotti per giustificare l'aborto, possono essere soddisfatti senza ricorrere all'aborto, cioè evitando il concepimento. Una volta avvenuto il concepimento il diritto del concepito può essere soddisfatto solo lasciandolo nascere».

Quindi? «Mi stupisco che i laici lascino ai credenti il privilegio e l'onore di affermare che non si deve uccidere». (8 maggio 1981). Era considerato il Papa laico. Mi inchino. Abortite, perdio, ma non chiamatelo diritto.

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