Scena del crimine

La scomparsa, gli arresti, il processo. "Così il caso Saman cambia l'Italia"

L'odissea della giustizia per Saman Abbas: dalla scomparsa agli arresti, fino all'inizio del processo di primo grado, l'estradizione del padre e la sentenza

Screen Quarto Grado
Screen Quarto Grado
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Alla fine è giunta la sentenza per il caso di Saman Abbas. Per poco meno di un anno cinque imputati sono stati oggetto di un iter giudiziario con le accuse di sequestro di persona, omicidio e occultamento di cadavere: secondo gli inquirenti, la 18enne che viveva a Novellara sarebbe stata uccisa per essersi opposta al matrimonio forzato con un cugino più vecchio ed essersi innamorata di un coetaneo, anche lui residente in Italia ma appartenente a una casta più bassa.

Alla fine del 2023 sono stati condannati in primo grado all'ergastolo i genitori di Saman, mentre lo zio è stato condannato a 14 anni. Assoluzione invece per gli altri due imputati, due cugini della giovane. “Siamo tutti avidamente in attesa delle motivazioni - commenta a IlGiornale.it il giornalista Jacopo Della Porta, autore insieme alla collega Elisa Pederzoli del libro Saman - Vita e morte di una ragazza italiana, uscito quando il processo era ancora in corso - Perché, per esempio, è stata esclusa la premeditazione. Non riesco a comprenderlo, lo dico senza intento polemico: il punto di vista che noi abbiamo colto è che Saman sia stata vittima di una congiura famigliare - nel senso di famiglia allargata. Questo tipo di delitti d’onore, in base all’esperienza, sappiamo che nascono in tale contesto. Le motivazioni ci chiariranno come mai è stata esclusa la premeditazione. Non si può pensare che si tratti di un delitto d’impeto, o almeno non sembra coerente con quello che abbiamo appreso da questa vicenda”.

La scomparsa

Saman Abbas
Screen "Quarto grado"

È la notte tra il 30 aprile e l’1 maggio 2021 quando Saman scompare proprio dalle campagne di Novellara. Mesi prima aveva denunciato i genitori per il matrimonio forzato ed era stata presa in carico dai servizi sociali italiani, che l’avevano collocata in una struttura protetta. Saman era però tornata a casa: voleva i suoi documenti, necessari per sposarsi, studiare e lavorare, oltre che richiedere il rinnovo del permesso di soggiorno.

Il giorno dopo la scomparsa, il 2 maggio, i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, sono tornati in Pakistan, partendo da Novellara con un taxi abusivo alla volta dell’aeroporto, ufficialmente per via di una parente malata. Hanno assicurato al titolare dell’azienda agricola in cui lavoravano che sarebbero tornati a fine maggio, inizi di giugno.

Saman aveva chiesto al fidanzato, Saqib Ayub, di contattare i carabinieri nel caso non si fosse fatta sentire per oltre 48 ore: Saqib il 4 maggio si è recato appunto alle forze dell’ordine italiane che si sono attivate subito con le ricerche. Queste sono durate mesi, concentrandosi nelle campagne intorno a Novellara e con i cani molecolari, ma senza dare frutti. L'Italia ha successivamente conosciuto la storia d'amore tra i due, intenzionati a sposarsi: ma nella requisitoria alla fine del processo, si è ipotizzato che il matrimonio con Saqib avrebbe potuto rappresentare per Saman anche una "via di fuga".

“Saman era sicuramente innamorata di Saqib - chiarisce Della Porta - Ma al tempo stesso era una ragazza senza documenti e l’idea di sposarsi con un uomo che amava era la sola forma di emancipazione cui aveva pensato, perché non aveva altri strumenti. Ha pensato che il ragazzo in Belgio prima e Saqib poi fossero la sua ancora di salvezza, com’è poi emerso. Durante il processo la storia d’amore è stata vista come un rapporto tra ragazzi molto giovani. A 18 anni si può vivere totalizzante un rapporto, ma nel corso del tempo le cose avrebbero potuto evolvere in un altro modo. Tuttavia c’è anche la lettura resa nella requisitoria: l’amore era per lei anche una via di fuga dal rapporto con la famiglia d’origine”.

L’arresto di Ikram

Il 30 maggio è stato arrestato, mentre cercava di raggiungere la Spagna dalla Francia su un autobus di linea, Ikram Ijaz, uno dei parenti che, con un altro cugino e lo zio di Saman è attualmente a processo. Ikram era in compagnia del fratellino di Saman, all’epoca minorenne, ed entrambi sono stati tradotti in Italia: l’adulto in carcere e il minore in comunità protetta. Il ragazzino, dopo i primi silenzi, avrebbe puntato il dito contro Danish Hasnain, lo zio, indicandolo come l’esecutore materiale del delitto.

L’arresto di Danish

Il 22 settembre è stata la volta di Danish di essere arrestato. L’uomo si trovava in una periferia di Parigi, ed è stato condotto poco dopo in carcere in Italia. A questo punto il caso sembrava essere a una svolta importante, ma molto altro sarebbe accaduto.

L’arresto di Nomanoulaq

Il terzo membro del "clan" Abbas a finire in carcere in Italia è stato Noumanoulaq Noumanoulaq, anche lui cugino di Saman, arrestato il 15 febbraio 2022. L’uomo si trovava invece in Catalogna, ma dopo alcuni giorni anche lui è stato condotto a Reggio Emilia, nella cui casa circondariale si trovavano già Danish e Ikram.

Ikram e Nomanoulaq sono stati assolti alla fine del processo. A loro carico c'era sostanzialmente un filmato delle telecamere di videosorveglianza che li mostrava con una pala insieme a Danish. Ma non è stato provato che quella pala sia stata usata per realizzare la buca in cui occultare il corpo di Saman. “Il processo, secondo me, per quanto riguarda l’assoluzione dei cugini, è stato incentrato sulla questione delle pale. Contro i due cugini c’era il fratello di Saman, che inizialmente ha affermato che ci fossero anche loro quella notte ma non li avrebbe visti. Poi a processo ha cambiato versione e ha detto di averli visti. Forse questo cambio di versione non è stato ritenuto credibile” aggiunge Della Porta.

L’arresto di Shabbar

Shabbar Abbas

Il 15 novembre è stato arrestato in Pakistan, nei dintorni di Charanwala, anche il padre Shabbar Abbas. Stando a diverse testimonianze, Shabbar non sarebbe stato nascosto, ma nel tempo è spuntato anche un video che lo ritraeva alla testa di una cerimonia religiosa. Shabbar è stato a lungo in carcere, sostenendo di non sapere cosa fosse accaduto alla figlia, che riteneva essere viva e trovarsi in area Schengen. Successivamente, attraverso il suo avvocato pakistano Akhtar Mahmood, ha incolpato per la morte di Saman il fidanzato Saqib e i servizi sociali italiani. Queste accuse hanno suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica italiana, anche in virtù dell'empatia che si è scatenata nel Belpaese nei confronti della giovane.

“Ci sono stati altri delitti d’onore prima di questo - spiega Della Porta - Ma con Saman abbiamo assistito all’ultima scena, quel video in cui la si vede uscire di casa vestita all’occidentale, come una qualunque ragazza che va in gita. Secondo me quell’immagine è più potente di qualunque cosa, perché crea subito un’empatia in tutti. Per lo spettatore potrebbe essere la propria figlia, la propria sorella. C’è l’elemento delle immagini, in questo delitto rispetto ad altri: le immagini hanno avvicinato le persone e permesso loro di identificarsi. Quando un delitto avviene in una comunità straniera, l’italiano ha più difficoltà a identificarsi, ma stavolta non è accaduto: la vicenda ha trasceso il gruppo etnico di appartenenza, Saman è stata percepita come la figlia di tutti. Inoltre il fatto che non si sia trovato il corpo per 566 giorni ha creato un elemento di attesa. E chi è andato a cercarla sui social ha visto le sue foto e i video di Italian Girl”.

Il ritrovamento del corpo

Il casolare in cui si cerca Saman Abbas

Non appena è giunta la notizia dell’arresto di Shabbar, è stato ritrovato il corpo di Saman. Il 18 novembre infatti Danish ha deciso di parlare con la polizia penitenziaria, portandola in un casolare abbandonato a poche centinaia di metri dall’azienda agricola e fornendo la propria versione. Secondo Danish, a uccidere Saman sarebbe stata Nazia, ma lui non sarebbe stato presente perché dormiva.

L’inizio del processo

Il 10 febbraio 2023 è iniziato a Reggio Emilia il processo per rendere giustizia a Saman Abbas. Sono stati conferiti inoltre gli incarichi ad alcuni esperti, tra cui l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, per l’autopsia e le ricerche relative all’occultamento del corpo della giovane. In questi mesi sono stati inoltre ascoltati diversi testimoni come esponenti delle forze dell’ordine e dei servizi sociali, oltre che Saqib, ammesso come parte civile.

L’estradizione di Shabbar

Mentre Nazia è ancora attualmente latitante, nessuno credeva che il Pakistan avrebbe estradato Shabbar. Invece l’estradizione è avvenuta e l’1 settembre scorso Shabbar è stato condotto in carcere in Italia, ma non a Reggio Emilia, bensì a Modena, per tenerlo a distanza dagli altri imputati. Shabbar ha partecipato alle udienze, chiedendo di non essere immortalato in video o scatti. Di tanto in tanto è scoppiato a piangere durante le testimoninze.

Il ruolo del fratello-testimone

Quasi alla fine del processo di primo grado, è stato sollevato un interrogativo dalla difesa di alcuni degli imputati: qual è la posizione del fratello di Saman? Testimone dalla prima ora, il neo-maggiorenne non è mai stato indagato, anche se l'opinione pubblica ha talvolta ipotizzato una possibile complicità. In tribunale è stato stabilito che tuttavia il giovane sarebbe stato fagocitato dal sistema-famiglia, ma una volta preso in carico dai servizi sociali italiani, avrebbe effettuato un percorso di consapevolezza riguardo al crimine commesso sulla sorella. Nella requisitoria, Saman è stata infatti paragonata dal procuratore Gaetano Calogero Paci alle donne eroine che si sono opposte alle mafie.

Il caso di Saman ha però segnato un profondo cambiamento in Italia dal punto di vista della prevenzione su casi simili. “Il decreto Cutro ha introdotto il fatto che chi denuncia un’induzione al matrimonio può avere il permesso di soggiorno temporaneo, cosa che tra l’altro era una proposta di legge del governo Draghi prima della sua caduta - conclude Della Porta - Il decreto Caivano ha invece inasprito le pene in caso di dispersione scolastica. Sono due risposte alle domande che si trovano nelle pieghe della vicenda di Saman. Ma intanto è cambiata anche la reazione relativa alle forze dell’ordine e alla scuola: a Modena una ragazza ha denunciato l’induzione al matrimonio e la sua preside l’ha portata a casa con sé. Dopo una settimana le è stato dato un permesso di soggiorno e i genitori sono stati citati a giudizio immediato, hanno avuto una misura cautelare di non avvicinamento.

Il caso di Saman ha spinto le ragazze a denunciare e le istituzioni stanno reagendo in maniera più rapida”.

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