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"Pericoloso per il cervello". Cruciani a gamba tesa sul femminile "sovraesteso"

Giuseppe Cruciani si è scagliato contro la scelta dell'università di Trento di utilizzare il femminile sovraesteso per ogni carica, nonostante le raccomandazioni dell'Accademia della Crusca

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Dall'università di Trento è partita una delle battaglie ideologiche che tanto piacciono di questi tempi. Ora, nell'ateneo retto da Flavio Deflorian, tutte le cariche sono state d'ufficio declinate al femminile. Cosa significa? Che qualunque carica dell'università, anche se ricoperta da un uomo, verrà indicata al femminile. Niente più professori, quindi. Solo professoresse. Niente più "rettore Deflorian" ma "rettrice Deflorian", anche se di nome fa Flavio. "Non posso che rispettare la decisione, presa in modo unanime dal Consiglio di amministrazione", ha dichiarato il ministro dell'Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini. Ma, prosegue il ministro, è importante che "sul tema delle pari opportunità non ci si concentri solo sui fattori lessicali. Servono fatti concreti".

Un monito importante a fronte di chi una tendenza sempre più marcata a concentrarsi sugli esercizi di stile piuttosto che sul pragmatismo, di cui ci sarebbe un gran bisogno. "Non so cosa significhi il termine femminile sovraesteso, non lo so e non lo voglio sapere. È una cosa pericolosa! Pericolosa per il cervello", è stato il commento di Giuseppe Cruciani sul tema durante l'ultima puntata de La Zanzara. E non è il solo a considerare inutile l'iniziativa dell'università di Trento, che probabilmente è servita ad accendere qualche riflettore in più sull'ateneo e ad attirare le simpatie dei soliti noti, che si ringalluzziscono davanti a slanci di questo tipo.

A questa decisione, il rettore e il Consiglio di amministrazione sono arrivati considerando, a ragion veduta, inutilmente pesanti e arzigogolate le linee guida sul linguaggio inclusivo, che prevedono l'utilizzo di tutti e due i generi nelle comunicazioni ufficiali. E così, eliminando ogni indugio, si sono buttati direttamente sul genere femminile per ogni carica e ruolo. Eppure, l'Accademia della Crusca si è chiaramente esposta sul tema, ribadendo un concetto che viene insegnato fin dalla prima elementare, ossia che nell'italiano standard "il maschile al plurale è da considerare come genere grammaticale non marcato".

La nostra lingua non gode di un genere neutro ma, come viene specificato dalla stessa Accademia, "forse, un uso consapevole del maschile plurale come genere grammaticale non marcato, e non come prevaricazione del maschile inteso come sesso biologico (come finora è stato interpretato, e non certo ingiustificatamente), potrebbe risolvere molti problemi, e non soltanto sul piano linguistico. Ma alle parole andrebbero poi accompagnati i fatti". Quel che è certo è che, grammaticalmente e formalmente, l'uso del femminile sovraesteso, nella lingua italiana, costituisce un errore da matita blu.

Soprattutto nei documenti ufficiali.

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