Guerra in Israele

Israele, è caos. L'ultradestra contro Gallant: "Ora dimettiti"

Oltre 300 uomini armati uccisi a Rafah dall'esercito israeliano

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Oltre 300 uomini armati uccisi a Rafah dall'esercito israeliano, che nelle ultime ore ha perso il primo soldato nell'offensiva nella città nel sud di Israele. Le Forze armate dello Stato ebraico (Idf) hanno intensificato gli attacchi nel nord della Striscia di Gaza, dalla città di Gaza a Jabalya, e nel meridione, in quell'area di confine con l'Egitto dove ieri è morto il sergente Ira Yair Gispan, 19 anni. I combattimenti imperversano, gli appelli per evitare l'offensiva su larga scala si moltiplicano (l'Italia ribadisce il no), mentre l'intelligence israeliana si è recata al Cairo per trattare sulla chiusura del valico di confine, da cui passavano gli aiuti e di cui Israele ha preso il controllo.

L'Unione europea chiede a Israele di interrompere immediatamente l'operazione in città, altrimenti le relazioni con Bruxelles sarebbero messe «a dura prova». Ma Benjamin Netanyahu ribadisce che non c'è «alternativa alla vittoria militare su Hamas» e non c'è alcuna «catastrofe umanitaria a Rafah e non ci sarà». L'azione - dice il primo ministro israeliano dopo che il governo ribadisce il suo «no» a uno Stato palestinese - è questione di «sopravvivenza» per Israele. «Inutile» parlare ora del futuro della Striscia, «prima bisogna sconfiggere» gli estremisti. Ma quando il suo ministro della Difesa Gallant dice che non permetterà a Gaza l'imposizione di una governance militare o civile israeliana, «Bibi» replica che «Hamastan non sarà rimpiazzato da Fatahstan». Il senso è che il regno di Fatah, l'altra organizzazione politica palestinese, partito riferimento dell'Anp in Cisgiordania, non prenderà il posto del regno di Hamas. L'ultradestra dei ministri Smotrich e Ben Gvir chiede le dimissioni di Gallant. Per battere i terroristi è pronto un pacchetto di aiuti militari da 1 miliardo di dollari dagli Stati Uniti, che per i timori su Rafah avevano sospeso l'invio.

Sono 550mila i civili che hanno lasciato l'area al confine con l'Egitto, quasi come i 700mila ricordati dai palestinesi nel 76esimo anniversario della Nakba, la catastrofe del '48 che costrinse all'esodo dopo la prima guerra arabo-israeliana. Lo Stato ebraico, dal canto suo, nonostante 223 giorni di guerra, continua a subire gli attacchi di Hamas e Hezollah (60 razzi dal Libano). Il leader degli estremisti libanesi Nasrallah incontra a Beirut l'alto dirigente di Hamas, al-Hayya. Promettono nuovi attacchi e pressione su Israele.

Il segretario di Stato Usa Blinken parla al telefono del cessate il fuoco con il ministro degli Esteri turco Fidan. Ma il presidente Erdogan chiede allo Stato ebraico di abbandonare Rafah e lancia una previsione azzardata e incendiaria: «Israele prima o poi attaccherà la Turchia».

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